Assidua lettrice di racconti di viaggio (dei Turisti per Caso), e recensore costante su Trip Advisor per quel che riguarda hotel, ristoranti e posti da visitare… Questa sono io, e la mia idea di racchiudere in un'unica pagina, la mia, tutti gli svariati contributi relativi ai miei viaggi nel mondo reale e in quello del gusto, di modo che esperienze, sensazioni, colori, sapori e giudizi possano insieme mescolarsi nel diario di un'esperienza di vita.

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mercoledì 30 ottobre 2013

ILARIO VINCIGUERRA ... per una cena stellata

Più volte ho espresso chiaramente l'intenzione di farlo... e per il mio compleanno (ben 7 mesi fa, quasi 8 ormai!) Francesco si era premurato di scrivermi un bigliettino con tanto di promessa stile "ci andremo assieme, quando vorrai"...
Quel "quando vorrai" è ricorso praticamente tutti i giorni di questi ultimi 7 mesi... la voglia non è mai mancata, l'entusiasmo nemmeno!
E' sul "ci andremo assieme" che è stato più duro lavorare... sinonimo di "pagherò io la tua strabiliante cena da mille e una notte"... per non dire che, nelle intenzioni originarie, la cena avrebbe dovuto svolgersi nel ristorante di Carlo Cracco a Milano, con tutte le implicazioni che ciò avrebbe comportato: tavolo in cucina con lo chef, lezioni dallo chef, chiacchiere con lo chef e... sguardi languidi con lo chef!
Troppo da sopportare per il mio adorabile fidanzato? 
Chissà...
Fatto sta che due sere fa mi ha proposto di "rivedere" la scelta del ristorante destinato ad esaudire il mio regalo di compleanno, e così è stato...
Il 28 ottobre 2013 ho messo piede nella splendida villa che fa da contorno al ristorante di Ilario Vinciguerra a Gallarate: il primo stellato della mia vita.
Ma non si illuda il caro fidanzatino di aver messo fuori dai giochi, con questa mossa, il baldo Cracco e il suo ristorante a Milano: prima o poi ci andrò, magari accompagnata da Milena.... e sarà ancora più gustoso deliziarci a cena a spese dei nostri uomini rimasti a guardare una partita di calcio sul divano. 
Aspettative per la cena in un ristorante stellato? 
Nell'immediato, nessuna... dal momento che abbiamo scelto di andare davvero all'ultimo momento, senza alcuna ricorrenza in particolare da festeggiare (ad eccezione di quel compleanno ormai stagionato come gli anni che mi porto dietro... però, è stato come compiere nuovamente 33 anni, arrestando l'inesorabile marcia verso i 34). 
Se non guardiamo l'immediato... beh, di aspettative ce ne sono sempre state... E mai nemmeno troppo ottimistiche (se si esclude l'incontro pseudo amoroso dei miei sogni col fascinoso Cracco).
Sono una che ama il cibo della tradizione, con le sue ricette originali e gli accostamenti semplici di sapori. 
Parlare di creme e cremine, farcite di francesismo e poca sostanza, equivale a parlare del nulla: ho sempre detestato pranzi e cene di matrimonio, vol au vent farciti di gamberi e purea di zucchine su letto di foglie di rabarbaro.
Sembra si assaggino cucchiaiate di vellutata di aria, aromatizzata ai sapori della terra e del mare. 
Cibo etereo nella sostanza e nella quantità, e che però un peso deve pure averlo, dato il notevole alleggerimento del portafogli.
No, non è per me... datemi una parmigiana, una fetta di pizza fatta in casa come dalla mia nonna... qualsiasi cosa che riempia la mia pancia e gonfi di soddisfazione il mio cuore.
Eppure, per dei cultori di cibo come me e Francesco, quella del ristorante stellato è un'esperienza da non perdere... ci sarà sempre un MC Donald aperto a tutte le ore a riempire i vuoti lasciati da portate gonfie di aria e parole. 
L'ingresso alla villa già di suo basterebbe per soddisfare il resto della nostra serata: splendida nel suo stile liberty, quante volte passandole accanto per strada avrei desiderato vagare al suo interno!
Ad accoglierci due giovani donne (una scopriremo, poi, essere la moglie dello chef), pronte ad accompagnarci al nostro tavolo, dopo aver sistemato le giacche nel guardaroba. 
La sala che ci accoglie è piccola e un pò spoglia: tanto sfarzo all'esterno della villa, tanta semplicità al suo interno. 
Un bellissimo camino a pellet occupa gran parte della parete di fronte a noi.
Attorno pochi tavoli, rivestiti come piccoli bignè da tovaglie abbondantemente cascanti ai loro piedi. 
Nonostante sia un lunedì sera, in uno dei ristoranti più cari (forse IL più caro) della zona, presto arriveranno altri commensali a farci compagnia. 
Il servizio è molto discreto: attenzione e professionalità, ma nessun cerimoniale infastidirà la nostra cena. 
La sala è piccola, ma percepiamo lo stesso un'aura di privacy attorno al nostro tavolo: si parla a voce bassa, quasi si sussurra... sul sito internet visionato da casa, alla voce menù si richiede la gentilezza di non utilizzare il telefono cellulare in sala. 
Ci adeguiamo alla richiesta (anche se non ripetuta nel menù cartaceo consegnatoci a mano), e ci avviamo alla consultazione delle pietanze.
In realtà a casa abbiamo già maturato una mezza idea: optiamo per il menù degustazione composto da 10 portate a sorpresa, al costo di € 95 a testa. 
A questo aggiungeremo anche due bottiglie d'acqua (c'è un menù a parte per scegliere la vostra acqua preferita, sulla base di informazioni relative a residuo fisso e, naturalmente, costo a bottiglia), che verranno portate al nostro tavolo nelle loro confezioni di vetro originali, e davanti ai nostri occhi aperte e travasate in due elegantissime brocche di vetro. 
Francesco deciderà di abbinare alla cena tre calici di vino: uno per ogni "sezione" di portate (antipasti, primi e secondi).
La scelta del menù degustazione diventa quasi obbligata nell'intento di scoprire la cucina di Ilario Vinciguerra: la scelta di solo uno o due dei piatti presenti nel menù potrebbe portare ad un giudizio non totalmente attendibile della sua cucina, sporcato da criteri di giudizio puramente soggettivi come quelli legati all'apprezzamento o meno del singolo ingrediente, indipendentemente dal modo in cui è stato cucinato. 
Su 10 portate può succedere di imbattersi in qualcosa che, di suo, non faccia impazzire. Ma su 2 portate diventa altamente probabile, condizionando l'intero andamento della cena.  
Il cameriere che ci assisterà principalmente durante la cena, Stefano, ci chiede anche la presenza di eventuali allergie, intolleranze o cibi che -in generale- non apprezziamo mangiare. 
Scelta azzeccatissima per un menù soggetto alla fantasia dello chef, ma che grazie a questo piccolissimo gesto di cortesia diventa personalizzato in base alle esigenze (e ai gusti) del singolo cliente. 
Bandisco soltanto eventuali formaggi di pecora e capra dal nostro tavolo... per il resto, sono aperta a tutto ciò che Ilario vorrà farci assaggiare. 

La prima portata è quella che maggiormente mi resterà impressa nel palato per il resto della nostra cena: una crema di patate con scaglie di cioccolato bianco e caviale.
Semplicemente sublime. 
Incredibile nella sua innovatività e nell'improbabile accoppiamento dei due ingredienti di contorno, ma perfetta nella sua linearità finale. 
Il dolce del cioccolato bianco e il salato del caviale si contrastano fino a fondersi  perfettamente, dando modo all'ingrediente base della ricetta di emergere in maniera intensa, semplice e decisa: una vellutata di patate delicata e al tempo stesso priva di sapori di contorno che distolgano l'attenzione. 
Il cambio di posate e piatti tra una portata e l'altra snocciola un servizio semplice ma d'effetto... di pregio i coperchi d'argento utilizzati per servire le portate calde, e scoperchiati contemporaneamente dagli addetti in sala come in una piccola danza di gesti e maniere bon ton. 
La seconda portata vede protagonista un bocconcino di baccalà su latte di provola e riso soffiato. Anche stavolta geniale l'utilizzo di un ingrediente inconsueto eppure così semplice, come il riso, per dare croccantezza ad un piatto altrimenti eccessivamente umido.
Sembra che lo chef punti a piatti della tradizione, realizzati con pochi ingredienti semplici e basilari, da personalizzare successivamente con un tocco ad effetto. 
E l'effetto sorpresa è garantito. 
Tradizionale la terza portata: tocchetti di polpo arrosto, dal retrogusto affumicato. Non sono un'amante del polpo, ma non posso non riconoscere la morbidezza della carne che ho davanti al piatto. 
Stefano si avvicina a Francesco per suggerirgli il secondo calice di vino della serata, da accompagnare ai primi che verranno serviti. Nel frattempo ci porta un assaggio di zeppole di alghe: la pasta è quella delle zeppole che a Siracusa vengono servite per il periodo di San Martino (pasta di pane fritta e farcita, poi, a piacere con ingredienti dolci o salati), e risulta leggera e croccante.
Ci perdiamo in chiacchiere tra l'assaggio di un grissino stirato a mano e il casatiello servito nel cesto del pane, fin quando l'ennesimo coperchio d'argento disvela sotto ai nostri occhi il primo dei primi che andremo ad assaggiare: uno spaghetto più simile in spessore ad un bucatino, in salsa di scarola e colatura di alici. 
Il colore della salsa è di un bel verde acceso, e la consistenza della pasta è fenomenale. Preparazione perfettamente al dente per una pasta che, ci verrà detto, richiede ben 21 minuti di cottura!
Mentre Stefano ci spiega i segreti del liquido ricavato dalla colatura delle alici, io faccio pronostici circa il secondo dei primi piatti che andremo ad assaggiare (il sesto nella scaletta della serata), e spero tanto si tratti di quel raviolo ripieno di salsiccia e friarielli che, dal menù, sembrava invitarmi in maniera accattivante ad un suo assaggio. 
Ci viene servito qualcosa di molto più semplice, ma come in precedenza personalizzato dall'immancabile tocco dello chef: degli gnocchi ripieni di provola al ragù campano. Che non è come il ragù classico che tutti conosciamo.
Il ragù campano (queste sono le origini dello chef) è come quello che in Sicilia chiamiamo "sugo": una passata di pomodoro con al suo interno pezzi di carne tenera, fatti cuocere ore e ore a fuoco lento.
Il risultato è un intingolo dal sapore denso e deciso, all'interno del quale annega il liquido di formaggio cremoso di cui sono ripieni gli gnocchi di patate. E sopra, scagliette di pomodoro bruciacchiato, a conferire al piatto un retrogusto di affumicato.
Siamo a poco più di metà di questa serie di assaggi: le porzioni sono, chiaramente, ridotte, ma la serialità e i naturali tempi di attesa tra una porzione e l'altra determinano uno stato di sazietà sempre più crescente. 
Siamo pronti per gustare i secondi, che dal mio punto di vista saranno forse la parte meno sorprendente di questa cena, complice probabilmente un appetito ormai giunto al culmine delle sue possibilità di soddisfacimento. 
Al rombo alla piastra, dall'ormai inconfondibile "Vinciguerresco" sapore affumicato (e dalle note fresche di olio aromatizzato al lemongrass) segue l'anatra in confettura. 
Sul piatto troviamo due piccoli assaggi: il petto d'anatra, dalla cottura ridotta, in salsa di marmellata di fichi e la coscia d'anatra, cotta in una salsa di liquirizia. 
Nonostante sia un amante di sashimi di solo pesce, opto più per la parte meno cotta della carne, probabilmente attratta dalla squisita marmellata che le fa da contorno, ancora una volta in contrasto con il suo sapore prevalentemente salato. 
Francesco apprezzerà, invece, maggiormente la coscia e la sua salsa alla liquirizia... della serie "il mondo è bello perché vario". 
Fosse per me, la cena potrebbe abbondantemente terminare qui, ampiamente soddisfatta dalla creatività dello chef in cucina e dalla consistenza dei piatti assaggiati. 
Ma Stefano giunge al nostro tavolo con un elegantissimo vassoio d'argento ricolmo di pasticcini rigorosamente fatti in casa, cui si affiancano un bicchiere con degli stecchi di frutta secca ricoperti di glassa al cioccolato e due coppette di creme brulee, cui non riesco proprio a resistere. 
E prima di servire l'ultimo dei dolci, un semifreddo, ecco il classico colpo d'occhio scenico e teatrale: una brocca d'argento riversa un intenso fumo che avvolge pian pianino tutto il nostro tavolo, quasi a simulare una cascata d'acqua. 
Scopriremo, poi, che il responsabile dello spettacolo sarà il ghiaccio secco posto all'interno della brocca, che qualche attimo prima verrà riempita di acqua bollente: il contatto col ghiaccio secco, inscenerà questo interessantissimo spettacolo ad ognuno dei tavoli presenti in sala. 
Terminiamo la nostra cena completamente sazi e soddisfatti, ma titubanti per l'incognita conto (che tanto incognito, avendo guardato il menù da casa, non è). 
Aspettiamo, quindi, che la moglie dello chef ci porti a fare un giro per la villa, illustrandoci le altre sale e il piano riservato a banchetti e cerimonie, che in occasione della pausa pranzo nei giorni feriali apre ai clienti come bistrot, offrendo un menù da due portate a prezzi decisamente più accessibili. 
Suggestiva la raccolta dei vini e delle grappe, dall'etichetta disegnata a mano da un artista eclettico recentemente scomparso, di cui la signora ci racconta i retroscena dell'amicizia con il marito. 
Mi aspetto, da un momento all'altro, di incontrare colui che ha realizzato la nostra cena, allietando i nostri palati: i tavoli serviti sono soltanto 4 e ormai, data l'ora, tutti sono arrivati al termine del pasto. 
Una comparsa sarebbe cosa abbastanza gradita, ma di lui nemmeno l'ombra. 
Peccato, avrebbe reso ancor più speciale la nostra cena. 
Ritiriamo le nostre giacche, consapevoli che quella non sarà di certo l'ultima visita alla villa.
Aspettative su cena stellata fortunatamente sdoganate.
Non mi resta che programmare la prossima!

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